Di Carlo Pavia
L’attuale ingresso dell’ambiente sotterraneo (foto 1) è per il tramite di un piccolo padiglione circolare (foto 2) dal quale si diparte una scala a chiocciola in muratura (foto 3 e 4) che porta a otto metri di profondità. Unica fonte di luce è un lucernario ricavato sul marciapiede.
L’ambiente ipogeo, unico sotterraneo che compare sui pezzi superstiti della Forma Urbis severiana (foto 5 e 6), appare suddiviso in tre parti ben distinte (foto 7); un cortile illuminato dal lucernario, un portico che corre intorno al cortile e il corridoio trasversale di fondo il quale, insieme a tutti gli altri ambienti che ad esso si affacciano, è completamente al buio. In quest’ultimo settore era l’originario ed unico lucernario del ninfeo; fu tamponato durante il periodo che vide il relativo restauro.
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Il cortile possiede una pianta rettangolare ed è munito agli angoli da quattro grossi pilastri a croce greca che in origine dovevano sostenere altrettanti archi (foto 8).
Il grossolano restauro ha interessato questi pilastri quasi totalmente (foto 9); ad eccezione infatti di alcuni brevi tratti, essi risultano quasi completamente coperti da una cortina in laterizio che si porta fin sulla volta e sotto gli archi.
Su ogni angolo del portico sono ancora ben visibili a terra dei grossi fori che dovevano raccogliere le acque provenienti dal tetto.
Nel corridoio non c’è alcun accenno di pavimentazione mentre sulle pareti si conservano ancora le impronte delle lastre marmoree in cipollino.
Sul corridoio si affaccia, per il tramite di cinque aperture, l’ultimo settore dell’ipogeo (foto 10).
Frontalmente è un vano diviso in tre navate, ognuna delle quali si conclude con una parete munita di una nicchia posta ad un’altezza di quasi due metri dal piano. Solo quella centrale è semicircolare; le altre sono rettangolari. Nel fondo di ogni nicchia, più o meno al centro, sono ancora visibili, sebbene appaia tamponato, il foro per il condotto dell’acqua. La parete di fondo, così come le nicchie, possedeva un rivestimento a mosaico policromo formato da tessere piccolissime e riproducente figure geometriche, grosse spirali e rombi. La stessa parete era abbellita, lungo la parte bassa, da lastre di marmo mentre il rivestimento interno delle nicchie era a conchiglie (foto 11).
Ai lati di questo vano sono due stanze che in origine dovevano certamente possedere la stessa grandezza. Oggi quello più orientale risulta tamponato da un muro moderno ed il piano è sfondato. Quello opposto è integro per ciò che concerne le murature e la volta ma il piano in cocciopesto risulta sfondato al centro. Sulla lunetta superiore si conserva ancora un buon tratto di intonaco pitturato con strisce rosso cupo su un fondo giallognolo (foto 12).
Per saperne di più, Carlo Pavia, ROMA SOTTERRANEA, Gangemi Editore
Carlo Pavia è l’Archeospeleofotosub (definizione coniata dal giornalista Fabrizio Carboni per un articolo sulla rivista Panorama): archeologo, speleologo, sub e fotografo.
Autore di molti libri sulla Roma antica, fondatore delle riviste “Forma Vrbis” e “Roma e il suo impero”.