ArcheoTour, i sepolcri tra via Taranto e via Pescara

I due sepolcri sorgono a Roma in un’area attraversata in antico dalla via Latina e dalla via Labicana, un territorio a destinazione agricola caratterizzato dalla presenza delle imponenti arcate dell’Acqua Claudia.
La scoperta dei due sepolcri avvenne nell’estate del 1932 durante i lavori per la costruzione del fabbricato sito al civico 2 di via Pescara; il primo fu individuato il 29 giugno, il secondo qualche giorno più tardi.

L’ingresso di Via Pescara, 2 a Roma

In entrambi si entrò dall’alto, praticando un foro nella muratura della volta, e fu subito evidente il loro ottimo stato di conservazione.
Oggi vi si accede grazie a delle scale metalliche che partono dai rispettivi chiusini posti a lato di un cortile.

Primo colombario:

attraverso una porta fiancheggiata da due finestre a feritoia (foto 2) si accede alla camera sepolcrale con pavimento in terra battuta. Gli stipiti marmorei presentano il taglio del battente della porta.

Foto 2

Il sepolcro, di tipo familiare, era destinato ad un ridotto numero di deposizioni: sulle pareti corte sono presenti due edicole a tempietto (foto 3 e 4) contenenti due urne per le ceneri dei defunti; sulla parete lunga si aprono tre nicchie con urna cineraria singola. Durante gli scavi non sono state rinvenute iscrizioni sepolcrali, dunque l’attribuzione risulta impossibile.

L’interno si presenta ricoperto da intonaco con decorazioni su fondo bianco: la parte inferiore della parete lunga presenta un alto zoccolo a imitazione dell’opera quadrata, sulla quale poggiano due anfore; in alto, nastri e ghirlande (foto 6).

La volta è ornata da riquadri disegnati da linee rosse, al centro dei quali è rappresentata una rosa (foto 7).


Il sepolcro è databile tra la fine del I secolo d.C. e i primi decenni del II secolo d.C.

Secondo colombario:

una porta fiancheggiata da due alte feritoie incorniciate da lastre marmoree dà accesso al sepolcro (foto 8), anch’esso pavimentato in terra battuta.
Anche in questo caso rimangono i fori sugli stipiti in cui erano infilati i cardini delle porte.


Sulle pareti sono presenti dieci piccole nicchie, in ognuna delle quali sono murate due urne in terracotta (foto 5).

Al centro della parete di fondo una nicchia più grande, absidata, doveva ospitare un’urna forse marmorea (foto 9 e 10). La nicchia ha il catino decorato a conchiglia, sul fondo una figura femminile con il simbolo della ruota: è Tyche, la Fortuna, dea dispensatrice del bene e del male nelle sorti della vita.

al di sotto è murato un rilievo con figura di fanciullo a cavallo e iscrizione dedicatoria in caratteri greci al fanciullo Veneriano da parte dei genitori (foto 13).

Oltre a questa, si conservano altre quattro iscrizioni graffite sull’intonaco.
Ai lati nicchie minori a riquadri, con maschere tragiche (foto 11 e 12).

All’interno del sepolcro sono state trovate anche tre sepolture a inumazione.
La lastra sepolcrale posta sopra l’ingresso è anche in questo caso mancante, ma le testimonianze epigrafiche dimostrano che il sepolcro apparteneva a una famiglia di origine greca.
Le pareti interne sono rivestite di intonaco dipinto.
Particolarmente ricca è la decorazione della volta con figure inserite in campi geometrici colorati su fondo bianco (foto 14).


Il sepolcro è databile alla prima metà del II secolo d.C.

Per saperne di più, Carlo Pavia ROMA SOTTERRANEA, Gangemi Editore

Un breve documentario della Rai 3 risalente alla fine degli anni ’70, la qualità è scadente ma è molto interessante.

Carlo Pavia è l’Archeospeleofotosub (definizione coniata dal giornalista Fabrizio Carboni per un articolo sulla rivista Panorama): archeologo, speleologo, sub e fotografo.
Autore di molti libri sulla Roma antica, fondatore delle riviste “Forma Vrbis” e “Roma e il suo impero”.

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