Shostakovich: le Sinfonie del Terrore

Il 29 gennaio 1936, dopo l’esecuzione moscovita dell’opera “Lady Macbeth” sulla Pravda comparve una recensione così negativa da gelare il sangue all’autore, Shostakovic.

“Caos anzichè musica: l’opera sembra voglia accarezzare il gusto morboso della classe borghese con una musica inquieta e nevrastenica’’.

Tutti capirono che dietro quella recensione c’era la mano di Stalin, che aveva assistito alla prima.
In Urss si viveva in pieno il periodo delle “purghe”, del terrore, ed una stroncatura del genere, che per chi vi incappava comportava spesso anche l’applicazione dell’appellativo di “nemico del popolo”, poteva equivalere quindi ad una vera e propria condanna a morte.

Tanti in effetti erano quelli che sparivano senza lasciar traccia, tutti in Unione Sovietica ne erano al corrente, tanto che nei dieci giorni successivi a quella recensione, Dimitri Shostakovich quando usciva dall’appartamento dove viveva con la famiglia, si aspettava di essere prelevato e portato via dagli sgherri della Ceka. Sedeva accanto all’ascensore riepilogando mentalmente la durezza di quei giorni. 

Da sempre Stalin aveva giocato con lui come il gatto col topo:

lo accusava di qualcosa, poi lo perdonava o addirittura lo premiava, permettendo ai suoi lavori di tornare a circolare, perché il tuo nome, comunque, fa brillare quello della patria nel mondo.

Stalin

E proprio quando l’abisso del terrore e delle umiliazioni sembrava ridimensionarsi allora il Potere alzava la posta.
Così più volte, in un’altalena che ti fa passare senza alcun motivo, dalla schiera dei nemici del popolo a quella degli “eroi sovietici”.

Dimitri era nato a San Pietroburgo nel 1906, da una famiglia agiata ma di pensiero progressista, bene al corrente, cioè, del caos in cui lo zar aveva fatto precipitare la Russia.
Sua madre, pianista, lo avviò  allo studio del piano per il quale il piccolo Dimitri mostrò grande predisposizione.

Shostakovic entrò nel 1919 al Conservatorio di San Pietroburgo, continuando a perfezionare lo studio  dello strumento con Nikolaev e iniziando a comporre sotto la guida di Steinberg.

Il direttore del Conservatorio, Glazunov in persona, si occupò di far assegnare a Shostakovic una borsa di studio perché in seguito alla morte del padre, Mitja e la sua famiglia si trovarono in una situazione economicamente assai precaria. 

Questo obbligò il compositore a lavorare come pianista accompagnatore nelle sale di proiezione di film muti.
Sebbene Mitja giudicasse quel lavoro piuttosto faticoso, l’esperienza si rivelò utile successivamente quando comporre musiche per film divenne quasi l’unico suo sostegno finanziario.
Negli anni successivi conobbe il maresciallo Tuchachevskij, persona di grande cultura, considerato il “Napoleone russo”, che notando la grande capacità inventiva del giovane premette affinché fosse possibile eseguire pubblicamente la sua Prima sinfonia, completata nel 1925.
Questa raccomandazione diede presto i suoi frutti e l’opera venne eseguita l’anno seguente, il 1926, dalla Filarmonica di Leningrado.
Il successo fu clamoroso, tanto che gli insegnanti del Conservatorio decisero di ammettere Shostakovic al corso di composizione più avanzato. 

Il musicista portò la sinfonia come tesi all’esame di per il diploma in Composizione, ottenendo il massimo dei voti.

Shostakovich a 18 anni

A questo fortunato esordio seguirono esecuzioni in tutto il mondo e i più grandi direttori del tempo vollero far conoscere il suo lavoro anche in Occidente. 

Bruno Walter e Arturo Toscanini furono due di questi.

Bruno Walter e Arturo Toscanini
SHOSTAKOVICH: Symphony N°. 1 in F minor op.10 – Dir. Valery Gergiev-Orq. Mariinsky theatre

Nel luglio del 1928 Shostakovic terminò Il naso”, la sua prima opera teatrale tratta dalla celebre novella presente nei Racconti di Pietroburgo” di Gogol’.
I librettisti furono  Zamjatin e Prejs, che sarebbe stato ucciso durante le purghe degli anni ’30, e la regia fu affidata a Mejerchol’d, il regista teatrale che ebbe un ruolo molto importante anche nella stesura oltre che nella realizzazione dell’opera.
Il rapporto di Shostakovich con Mejerchol’d proseguirà anche in seguito e nel 1929 il regista convincerà Dimitri a scrivere le musiche di scena per “La cimice”.

Successivamente, nell’aprile del 1932, il Partito decise di formare la Lega dei Compositori Sovietici ai quali venne raccomandato che  ’’ i futuri brani musicali avrebbero dovuto contenere canti popolari, inni e finali trionfanti’’.
Shostakovic, eletto presidente della sezione di Leningrado, si salvò dalle censure grazie al fatto che compose soprattutto musiche per film in quanto la produzione di colonne sonore era considerata in linea con l’esaltazione della patria e dell’ideologia sovietica, voluta dal partito. 

Nel 1934, la sua seconda opera Lady Macbeth” venne da lui completata. Due teatri, il Malyj di Leningrado e il Nemirovič di Mosca si contesero l’onore di rappresentarla e Šhostakovič concesse a entrambi di farlo così l’opera venne rappresentata in prima assoluta il 22 gennaio a Leningrado e il 24 gennaio a Mosca.
Gli spettacoli furono presentati con diversi titoli (a Mosca l’opera venne ribattezzata  Katerina Izmajlova”, ma  l’opera ottenne comunque uno strepitoso successo e anche la critica ne fu entusiasta.

Schostakowitsch: Lady Macbeth von Mzensk – Suite ∙ hr-Sinfonieorchester ∙ Carlos Miguel Prieto

Questa situazione favorevole cambiò improvvisamente quando il primo dicembre del 1934 fu ucciso Kirov, responsabile dei compositori per conto del partito e ritenuto il ‘delfino’ di Stalin.
A Kirov succedette Zdanov che iniziò una campagna di irrigidimento nel controllo della produzione artistica.

Andrej Aleksandrovič Ždanov

Intanto “Lady Macbeth” continuava a ottenere successi, tanto da venire rappresentata in tutto il mondo. Stalin, come si è già ricordato, presenziò alla serata in cui l’opera si tenne al Bolshoj e dopo pochi giorni dopo sulla ‘Pravda’ comparve quella perentoria stroncatura.

L’aria intorno a Shostakovic cominciò a farsi pesante, tanto che il compositore, sebbene avesse già terminato nell’aprile del ‘36, la sua “Quarta sinfonia”, ritenne prudente  prima di una eventuale uscita pubblica, di farla ascoltare, eseguita al piano, ad una ristretta cerchia di amici, tra i quali Otto Klemperer.
Si convinse poi che quella di ritirarla fosse la scelta più saggia da compiere e solo venticinque anni dopo la monumentale sinfonia verrà rappresentata per la prima volta.

Intanto il terrore staliniano giungeva al suo acme: si moltiplicavano gli omicidi ordinati dal regime e tra le vittime ci furono molti degli amici più cari di Mitja: il maresciallo Tuchachevskij, il già citato Mejerchol’d e il musicologo Zhiljaev. Vennero sterminate anche le rispettive famiglie.

Leningrado 1930

Nel 1937  Shostakovic fu nominato professore di Composizione al Conservatorio di Leningrado e la sua Quinta sinfonia”, prima uscita ufficiale di una sua opera dopo quella di “Lady Macbeth” al Bolshoj, fu eseguita a novembre del ‘37 sotto la direzione di Evgenij Mravinski.

L’opera venne presentata con la scritta “Risposta ad una giusta critica”, e venne accolta con grandissima commozione ed entusiasmo generale.
Ancora oggi tuttavia fa discutere il suo l’ultimo movimento, il quarto, definito da quasi tutti i musicologi come una forzatura trionfale-ottimistica”.

SHOSTAKOVICH:-Symphony No 5 in D minor op 47

‘’ Di cosa si dovrebbe giubilare. Ritengo sia chiaro quel che accade veramente nella Quinta.
Il giubilo è forzato, è frutto di costruzione[…] è una gioia grottesca…’’ 
scrisse un critico occidentale dopo l’ascolto della sinfonia.

Alcuni amici fidati di Shostakovic, anni dopo confidarono che l’artista gli avesse detto a denti stretti :

È come se qualcuno ti picchiasse con un bastone e intanto ti ripetesse: “Il tuo dovere è di giubilare, il tuo dovere è di essere felice”. E tu ti rialzi tremante con le ossa rotte e riprendi a marciare bofonchiando: “Il nostro dovere è di giubilare, il nostro dovere è di giubilare”».

Shostakovich fu dunque “perdonato” ed il suo nome tornò quindi sugli allori, con molte esecuzioni anche all’estero.

Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, durante l’assedio di Leningrado il compositore fu aggregato ad un gruppo addetto al controllo degli incendi e a lui toccò la cura del tetto del Conservatorio.

Shostakovich addetto al controllo degli incendi sul tetto del Conservatorio di Leningrado

Nel luglio del 1941, Mitja iniziò la composizione di quella che sarebbe divenuta la sua opera più famosa: la Settima sinfonia”, che sarebbe diventata anche l’emblema della resistenza russa di fronte all’invasione tedesca.

La “Settima” venne eseguita per la prima volta il 4 marzo 1942 a Leningrado, sotto gli incessanti bombardamenti e suscitò la commozione di tutti i presenti che alla fine  tributarono a Shostakovic un’ondata di applausi. In poco tempo venne replicata in tutta la Russia, e tramite un microfilm contenente la partitura, l’opera giunse anche nelle mani di Toscanini.

Diventò subito una delle composizioni più trasmesse dalle radio alleate nel periodo del conflitto.
Shostakovic nel frattempo già si dedicava alla composizione della sua “Ottava Sinfonia”, che venne completata in appena due mesi e che costituisce una delle sue pagine più lugubri e drammatiche tra quelle del Maestro.

Schostakowitsch: 7. Sinfonie (»Leningrader«) ∙ hr-Sinfonieorchester ∙ Marin Alsop

 Eseguita per la prima volta nel novembre 1943 a Mosca, sotto la direzione d’orchestra dell’amico Mravinskij, la sinfonia, a causa della mancanza dei toni trionfali e della prolissità, suscitò molti dibattiti.
L’autore disse di essersi ispirato agli orrori della guerra, ma nonostante ciò l’opera venne messa all’indice e rieseguita solo quindici anni dopo.
Quando fu finalmente eseguita in occidente un critico ne scrisse:

Signori, questa è la musica di un uomo terrorizzato!’’

Nel 1945, terminata la guerra, Shostakovic celebrò l’evento con la sua “Nona Sinfonia” evitando del tutto il trionfalismo che il regime si attendeva, adottando invece toni leggeri e ironici, che utilizzavano gli schemi classici della sinfonia sette-ottocentesca.
In Urss i capi che avrebbero voluto una sorta di replica della “Nona” di Beethoven, interpretarono l’opera come se fosse stata un insulto ai caduti della patria.

La vendetta è un piatto da mangiare freddo, dice un proverbio, perciò solo nel 1948 il Partito attraverso Chrennikov, Primo segretario della Lega dei compositori, accusò di formalismo i compositori sovietici Mjaskovskij, Prokofiev, Chačaturjan e, soprattutto, Šhostakovič. 

Zdanov su un francobollo del 1948

Dimitri perse allora il posto di insegnante a Mosca e quello analogo presso il Conservatorio di Leningrado, e fu il solito Zdanov a lanciare una nuova offensiva contro di lui attaccando le sue opere che definì “perverse, formalistiche e antipopolari”.
In seguito a questo processo, la musica ufficialmente ascoltabile in URSS fino alla morte di Stalin, si sarebbe ridotta ad essere una celebrazione tronfia e retorica del despota e della patria.

Shostakovic, in una situazione che nuovamente si era fatta economicamente precaria, ricorse, come al solito, alla composizione di colonne sonore.

 

 

Il 5 marzo 1953 Iosif Stalin morì.

L’omaggio postumo di Shostakovic alla memoria del dittatore fu la “Decima Sinfonia” che servendosi di sonorità terribili e violente, volle descrivere il carattere del dittatore defunto.
Il figlio del compositore, Maksim, in un’intervista negli anni ‘70, dichiarò che il secondo movimento dell’opera, l’Allegro, voleva essere il “ritratto del volto spaventevole di Stalin”.  

La prima esecuzione dell’opera ottenne un successo clamoroso: l’opera venne eseguita tra l’altro anche a Londra, Parigi, Lipsia, New York, Vienna, e Milano. 

Al musicista verrà conferito il titolo di “Artista del popolo” e, nel 1956 “l’Ordine di Lenin”.

Questo periodo finalmente felice nella vita di Shostakovic fu però guastato dalla morte della moglie, Nina Vasil’evna, morta di cancro, e di sua madre, Sof’ja.
Nonostante ciò, il maestro continuò a comporre e in quegli anni nacque il meraviglioso Concerto per violino n. 1, eseguito in prima dall’amico David Ojstrach.

Nel 1956 Chruscev, nuova guida russa, denunciò i crimini del predecessore aprendo anche per il mondo artistico russo una nuova era, libera dal peso della censura del regime.
Shostakovic con alcuni articoli, pubblicati anche sulla Pravda, attaccò duramente i censori degli anni appena trascorsi.
A corollario del periodo di destalinizzazione voluto da Chruscev e della eliminazione del culto della personalità, Shostakovic venne eletto Segretario della Lega dei Compositori e manterrà quella carica fino al 1968.

Ormai stimato e premiato in tutto il mondo, Shostakovic visse solo altri otto anni, anni pieni di malattie, con l’unico sollievo dell’alcool e del fumo.


Su di lui continuò a pesare la paura di tutta una vita, che non poteva essere cancellata, così tutte le opere di quest’ultimo periodo risultarono pervase da un senso di morte e di sgomento, come se il compositore non attendesse altro che il sipario scendesse per sempre.

Dimitri Shostakovich morì a Mosca il 9 Agosto del 1975.

L’unica eccezione ai toni lugubri dei suoi ultimi lavori, fu la Sinfonia n.13 “Babi Yar”, un’esplosione di sdegno nei confronti dell’antisemitismo nella quale mise in musica una poesia di Evtushenko che richiamava gli orrori accaduti in Russia per mano dei nazisti e denunciava sia chi tra i russi aveva collaborato con loro, sia chi di fronte agli eccidi aveva voltato la testa, indifferente. 

BABI YAR

Non c’è un monumento a Babi Yar
Il burrone ripido è come una lapide
Ho paura
Oggi mi sento vecchio come il popolo ebreo

Ora mi sento ebreo.
Ora il sangue è ovunque sul pavimento
I capobanda nella caverna diventano sempre più brutali.
Puzzano di vodka e di cipolle
Con un calcio mi buttano a terra
Non posso far nulla e invano imploro i persecutori
Sghignazzano “Morte ai Giudei, Viva la Russia”.

Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.

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