Un film da (ri)scoprire: Somewhere (2010) di Sofia Coppola

L’attore Johnny Marco (Stephen Dorff) risiede a tempo indeterminato in una stanza del Chateau Marmont di Los Angeles; gira a vuoto per le strade a bordo di una Ferrari nera; assiste a delle pietose lap dance a domicilio; si presenta alle conferenze stampa in jeans e maglietta rispondendo a delle domande semplicistiche, e conclude le sue serate con qualche donna di passaggio.

Le sue giornate prendono una piega differente quando ospita sua figlia Cleo (Elle Fanning nel suo primo ruolo importante) mentre la sua ex moglie si assenta momentaneamente per stare da sola. Prima di accompagnarla ad un campo estivo, Johnny invita Cleo a seguirlo in Italia per ritirare un riconoscimento.

Il manifesto italiano del film

Grazie alla presenza di sua figlia, Johnny capirà di essere rimasto bloccato per anni in una strada senza uscita.

Nonostante abbia vinto il Leone d’oro al Festival del Cinema di Venezia, Somewhere non ha convinto la maggior parte della stampa e degli spettatori a causa di una narrazione che si affida solamente alla dilatazione temporale delle riprese e al sonoro in presa diretta, piuttosto che alla struttura in tre atti.

Sofia Coppola sul set del film con la sua primogenita Romy. Per girare questo film la regista ha scelto degli obiettivi Zeiss che hanno una qualità più tenue. Il padre li ha usati per girare Rusty il selvaggio

Come intro per il suo lungometraggio, Sofia Coppola ha deciso di filmare quattro giri a vuoto della Ferrari nera su una strada deserta, per poi concludere al quinto giro con Johnny Marco che esce dal veicolo e osserva un punto fuori campo. Quella scena dura circa due minuti e otto secondi; ed è solo l’inizio di una lunga sperimentazione visiva: la scena della maschera nello studio degli effetti speciali (con l’attore che respira durante l’asciugatura) dura un minuto e quarantanove secondi; la scena della lap dance con My hero dei Foo Fighters in sottofondo è di due minuti e ventinove secondi, e quella con Cleo che pattina sul ghiaccio con Cool di Gwen Stefani dura più di tre minuti.

La scena della maschera

Ma si tratta veramente di un film noioso? Ovviamente ci vorrebbe un’analisi approfondita per cogliere le reali intenzioni della regista; esattamente come è accaduto con il cinema di Michelangelo Antonioni, un tempo accolto con freddezza e successivamente acclamato dai cinefili.

Tornando al film della Coppola: per chi ha già ammirato Lost in translation (che è indubbiamente il suo capolavoro) non ci si deve aspettare una copia. Nonostante l’ambientazione alberghiera, le due trame sono differenti: Lost in translation è la storia di due sconosciuti che uccidono la noia e la solitudine vagando per le strade di Tokyo; mentre Somewhere rimane una storia su un amore paterno che salva il protagonista dal vuoto esistenziale.

Stephen Dorff e Elle Fanning nella nota scena del “tè immaginario” in piscina

A dispetto delle accuse di nepotismo, ricevute a causa di un cognome fin troppo importante, Sofia Coppola andrebbe ammirata per la sua coerenza stilistica, e per i suoi gusti in fatto di cinema, fotografia, pittura, moda, design e musica, che l’hanno portata a creare delle immagini così piacevoli da guardare e ascoltare. Pensate allo stile pop di Marie Antoinette e agli interni con la luce naturale alla “Barry Lyndon” de L’inganno!

Francis Ford e Sofia Coppola

Tornando al confronto tra Somewhere e Lost in translation, ci si domanda il motivo per cui la figlia di Francis Ford Coppola ambienti la maggior parte dei suoi film negli alberghi. Durante una conferenza stampa al Festival di Venezia, ella ha dichiarato che – oltre ad averli frequentati fin dall’infanzia per il lavoro del padre – gli alberghi sono dei luoghi di trasformazione, all’interno dei quali i suoi personaggi possono subire alcune svolte nel corso della loro permanenza.

Il trailer in italiano

Non è un caso che La mia vita senza Zoe, un cortometraggio diretto da suo padre e scritto da Sofia per il film collettivo New York Stories, sia ambientato in un hotel della Grande Mela, esattamente come nello special natalizio targato Netflix A Very Murray Christmas, sempre diretto dalla regista.  

Somewhere andrebbe riscoperto anche per il “siparietto” tra Simona Ventura, Nino Frassica e Valeria Marini per la scena del Telegatto girata in Italia. Fra le altre guest stars ci sono anche Maurizio Nichetti, Laura Chiatti e Giorgia Surina. Tutte le scene italiane sono il giusto motivo per cui la pellicola andrebbe vista in lingua originale per non farsi ingannare dall’adattamento poco fedele del doppiaggio.

Stephen Dorff con Laura Chiatti

Un’altra nota da segnalare per questo film è che rappresenta l’esordio della band francese Phoenix alla colonna sonora; per quell’occasione hanno composto il brano Love Like a Sunset Part I & Part II, da recuperare su Spotify insieme a tutti gli altri brani della “official soundtrack”.

I membri della band “Phoenix”. Da sinistra a destra: il frontman Thomas Mars, Laurent Brancowitz, Deck d’Arcy e Christian Mazzalai. Lo stesso frontman è il marito della regista e padre delle figlie Romy e Cosima. Per la band, la Coppola ha diretto il video di Chloroform, disponibile su YouTube

Disponibilità: Su Sky On Demand (o Sky Q), NOW TV e Prime Video.

Lorenzo Palombo si definisce come uno studente cinefilo che ama parlare e scrivere di cinema – e recitare a memoria le battute di film e sitcom – a costo di annoiare amici e parenti.
Per Latina Città Aperta propone una rubrica intitolata “Un film da (ri)scoprire” per invitare i lettori a vedere o rivedere alcuni film acclamati dalla critica e dal pubblico che rischiano di dissolversi dalla memoria dello spettatore. La rubrica accoglie persino alcuni film europei o internazionali che non sono stati distribuiti nelle nostre sale cinematografiche.

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