Un film da (ri)scoprire: Stories We Tell (2012) di Sarah Polley

“E figlie so’ffiglie … e so’ tutte euguale!”
(Filumena Marturano di Eduardo De Filippo)

Undici anni prima di vincere l’Oscar per Women Talking, la regista, sceneggiatrice ed ex attrice Sarah Polley invita suo padre, Michael, in uno studio di registrazione per leggere alcuni estratti di un romanzo che ha scritto sul suo matrimonio con Diane, la madre di Sarah.

Nello stesso periodo, quest’ultima contatta i fratelli Susy, John, Mark e Johanna per parlare proprio di Diane davanti alla macchina da presa. Tutti loro sono visibilmente emozionati: da una parte pensano che la loro storia non possa interessare al pubblico, dall’altra invece sono terrorizzati nel rivivere alcuni ricordi dolorosi.

I fratellastri di Sarah da sin: Susy Buchan; John Buchan (anche casting director di tutti i film di Sarah); Mark Polley e Johanna Polley.

Vengono chiamati all’appello anche alcuni parenti e amici di Diane, che la descrivono come una donna vitale e allegra, a differenza di suo marito Michael, che era decisamente pacato ed introverso.

Il manifesto del film

Si conobbero a teatro: lei era in platea, mentre lui era nel cast principale della rappresentazione. Quella sera stessa, Diane (anch’essa attrice) si complimentò con Michael direttamente nel camerino. Negli anni a seguire, la coppia recitò in soli due spettacoli; l’ultimo fu Filumena Marturano di Eduardo De Filippo.

Michael e Diane con la piccola Sarah

Prima del loro incontro, Diane ebbe Susy e John da un precedente matrimonio, interrotto a causa della sua relazione con Michael; perse la loro custodia con l’accusa di infedeltà coniugale. Questo fatto (oltre a traumatizzarla) la etichettò sui giornali come la prima donna canadese divorziata!

In seconde nozze, nacquero Mark e Johanna. Durante quegli anni, Michael abbandonò il teatro e la scrittura lavorando in un ufficio di assicurazioni sulla vita; Diane invece lavorò come casting director prima di tornare a recitare in una nuova pièce.  

Il loro matrimonio era quasi ai ferri corti, ma durante la tournée di Diane, Michael la raggiunse e fecero l’amore. Qualche mese più tardi, la donna scoprì di aspettare Sarah.

Dopo la morte prematura di Diane, tutti i familiari e amici scherzavano sul fatto che la piccola Sarah non somigliasse affatto a Michael, e che sua madre l’avesse avuta con un suo partner di scena di quella “famosa” pièce. Solo la regista scoprirà la verità, prima di parlarne con la famiglia.

Diane (Rebecca Jenkins) durante quella “famosa” pièce teatrale

Per questo progetto, Sarah Polley ha utilizzato tre tipi di macchine da presa: due digitali e una analogica. Con quest’ultima, ha simulato un backstage delle interviste e la sua ricerca del padre biologico; persino rappresentato delle scene fittizie – con due attori contattati per interpretare Diane e Michael – con lo scopo di colmare alcune lacune lasciate dal materiale autentico.

Sarah con la direttrice della fotografia Iris Ng

Dopo aver girato Away from Her – Lontano da lei (2006, con una struggente Julie Christie candidata all’Oscar) e Take this Waltz (2011, con Michelle Williams e Seth Rogen), Sarah Polley ha condiviso con noi spettatori il suo lavoro più sincero e coraggioso di tutta la sua breve carriera registica.

Anche se si avvicina molto al lavoro svolto da Alina Marazzi con Un’ora sola ti vorrei (2002, su sua madre morta suicida), questo documentario autobiografico – o “performativo”, come direbbe Bill Nichols, autore di Introduzione al documentario, edito da Il Castoro – è la prova che ogni famiglia ha una sua storia da raccontare, pur avendone diverse versioni. In questo caso, manca solo quella di Diane, che però continua a vivere nei ricordi di coloro che l’hanno amata incondizionatamente. 

La vera Diane Polley con la piccola Sarah

Disponibilità: Abbonamento Premium su Prime Video.

Lorenzo Palombo si definisce come uno studente cinefilo che ama parlare e scrivere di cinema – e recitare a memoria le battute di film e sitcom – a costo di annoiare amici e parenti.
Per Latina Città Aperta propone una rubrica intitolata “Un film da (ri)scoprire” per invitare i lettori a vedere o rivedere alcuni film acclamati dalla critica e dal pubblico che rischiano di dissolversi dalla memoria dello spettatore. La rubrica accoglie persino alcuni film europei o internazionali che non sono stati distribuiti nelle nostre sale cinematografiche.

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