Ivan Stepanovich Mazeppa era nato il 20 marzo 1639, nella fattoria Kamenetz, nei pressi di Belaya Tserkov. Il bambino era il figlio della nobiltà cosacca. La madre di Ivan Maria Maddalena era una donna rispettata e istruita con le sue idee politiche. Il padre di Ivan, Stepan-Adam Mazeppa aveva ricoperto più di un incarico in collaborazione con l’ataman Vyhovsky. Sognò l’indipendenza cosacca ma morì nel 1709 fallendo il suo sogno: infatti i cosacchi passarono definitivamente al servizio dello zar.
Il suo mito ebbe degli effetti su arti, stili, lingue diverse collegandoli. Lord Byron gli dedicò un poema epico nel 1819; Puškin, gli dedicò il poema Poltava (1828 – 1829); Victor Hugo, scrisse su di lui il poema Mazeppa, (1829); Franz Liszt, gli dedicò nel (1851) il poema sinfonico Mazeppa, nonché il quarto dei suoi 12 Studi d’esecuzione trascendentale per pianoforte, Tchaikovsky addirittura un’opera lirica.
Secondo un episodio narrato da Voltaire nel suo libro Storia di Carlo XII, reso in poesia da Byron ed immortalato da molti dipinti fra i quali spiccano quello di Géricault e quello di Delacroix – fu sorpreso da un notabile del luogo a letto con la propria moglie; fu quindi fatto legare ignudo alla groppa di un cavallo che fu frustato e corse via al galoppo. Recuperato piuttosto malconcio, il giovane Ivan si ristabilì ma decise di andarsene e, memore dei suoi ascendenti cosacchi, si recò presso di loro in territorio ucraino.
E la pittura romantica contribuì enormemente alla creazione del mito: in fondo che c’è di più romantico di un giovane legato di notte nudo su un cavallo per punire la sua esuberanza sessuale?
Dopotutto la storia fu per la cultura romantica non fonte di insegnamento, ma un regno della fantasia da cui attingere per creare opere straordinarie.
Uomo di grande cultura che amava l’arte, la letteratura e viaggiare Ivan Mazeppa è il maggior politico dell’enclave cosacca in Ucraina. Tra i più grandi mecenati dell’Europa dell’epoca, Mazeppa, che vagheggiava una vera e propria sovranità nazionale, investì gran parte delle sue ricchezze nella costruzione di chiese e nello sviluppo di istituzioni culturali.
Grazie alla sua abilità politica riuscì inizialmente a conciliare gli interessi dei cosacchi dell’Ucraina con i buoni rapporti con Mosca.
Con Mazeppa quelle terre ritrovarono la loro unità grazie a uno sviluppo economico e culturale senza precedenti.
Governante e politico di grande caratura, l’ataman, che non s’illudeva minimamente nei confronti dell’assolutismo russo, conduceva una sua personalissima linea diplomatica al solo scopo di rendere l’Ucraina cosacca uno stato autonomo.
Nell’infanzia Mazeppa aveva ricevuto un’eccellente istruzione. Nella tenuta di suo padre, aveva anche fatto equitazione e imparò l’uso della sciabola. Poi divenne uno studente nel collegio di Kiev Mohyla, era attratto dalle opere di filosofi romani e greci, dalla letteratura europea e parlava diverse lingue.
Dopo gli studi, suo padre mandò Ivan al servizio di paggio del re polacco Giovanni II Casimiro.
A corte Mazeppa dimostrò di essere un gentiluomo educato e promettente. Venne inviato a fare ulteriori studi nelle migliori università dell’Europa occidentale. Durante gli anni di studio riuscì a visitare l’Italia, la Francia, la Germania e l’Olanda.
Alla fine del XVII° secolo, la situazione del territorio cosacco non era nei periodi migliori. Le terre erano governate da tre atamani, collegati con diverse forze politiche straniere.
Tornò quindi nella sua terra natale e nel 1663 entrò al servizio di Petro Doroshenko, l’ataman cosacco sulla riva destra del Don.
Durante gli anni 1664 e 1670 il continuo spostarsi di Mazeppa tra gli atamani rivali contribuì alla complessa e prolungata guerra, (che continuò fino al 1680) tra turchi, russi, polacchi e varie fazioni cosacche, per il controllo della terra ucraina.
Sulle prime sostenne Doroshenko, filoturco, per incarico del quale fece per recarsi in Turchia; ma preso per strada dai cosacchi dello Zaporož (i quali parteggiavano allora per i russi), fu mandato a Mosca. Ivan rinnegò Doroshenko e promise di sostenere il partito filorusso. Tornato in Ucraina divenne presto uno dei più stretti collaboratori dell’ataman Samojlovič, fautore della linea di Mosca.
Durante la spedizione contro i Tartari di Crimea, Mazeppa strinse amicizia col principe Golicyn, che era a capo dell’esercito russo e cominciò a tessere intrighi contro Samojlovič, che infatti fu rimosso dalla sua carica di ataman e sostituito dallo stesso Mazeppa nel 1687, il quale fu confermato nella sua carica, anche quando il governo di Golicyn fu rovesciato dal giovane zar Pietro I nel 1689.
Contemporaneo di Pietro I il Grande, Mazeppa interpretava a suo modo il suo stile innovatore, autocratico e spregiudicato.
Sostenne la cultura e l’arte nelle sue terre, inaugurando uno stile che prese il nome di “barocco di Mazeppa”. E di terre ne accumulò molte, invadendo anche l’altra riva del Don e diventando in pochi anni uno dei maggiori latifondisti in Europa.
Mazeppa combatté contro i tartari di Crimea (1689) e quando Pietro I prese il potere, riuscì a conquistarsi il suo favore e mantenere la sua posizione in Ucraina, inoltre durante le campagne d’Azov (1695-1696), Mazeppa prestò tutto l’aiuto possibile all’esercito russo; e gli diede un energico aiuto anche all’inizio della guerra svedese.
Pietro, tuttavia, si alienò la fiducia di Mazeppa e dei cosacchi, ordinando loro di svolgere compiti insoliti e consentendo all’esercito russo di poter maltrattare la popolazione civile locale. Per quanto potessero essere grandi Russia e Ucraina, non lo erano abbastanza per contenere contemporaneamente le ambizioni di Ivan e quelle di Pietro, e i due giunsero così allo scontro.
La causa scatenante fu la Grande Guerra Nordica che la Russia stava perdendo contro un uomo di un’ambizione ancora più grande della loro: Carlo XII di Svezia.
Un ragazzo che, non ancora ventenne, aveva sconfitto i russi a Narva nonostante le sue truppe fossero inferiori di 4 a 1 rispetto a quelle avversarie, e aveva così costretto Pietro a porre mano con urgenza ad un’enorme riforma militare.
Ma già alla fine del 1705 Ivan cominciò ad avere dubbi: il re di Svezia, Carlo XII, stava ottenendo il sopravvento in Polonia sull’alleato di Pietro, Augusto, al cui posto venne proclamato il candidato di Carlo, Stanislao Leszczyński. Mazeppa reputò fosse giunto il momento favorevole per cominciare a liberarsi dal controllo di Pietro.
Infatti nei progetti dello zar, la tradizionale autonomia dei cosacchi doveva scomparire: le loro milizie dovevano andare dove meglio avrebbero servito gli interessi russi, e non perdersi in futili schermaglie locali con polacchi e tartari.
Mazeppa non gradì, considerò rotto il suo patto di fedeltà con lo zar e la Russia e si schierò al fianco di Carlo dopo aver avuto con lui dei contatti in segreto.
Ma queste trattative furono denunciate a Pietro, il quale, lungi dal prestare fede ai due denuncianti (il giudice generale Kočubej e il colonnello Iskra) li consegnò a Mazeppa che li fece giustiziare.
Nell’autunno del 1708 così Pietro come Carlo mossero le loro truppe in Ucraina.
Ivan rimase per qualche tempo neutrale, ma, alla fine dell’ottobre del 1708, con un esercito di 3000 cosacchi si congiunse con le truppe di Carlo.
Privato della carica di ataman e scomunicato dai pope, Mazeppa dovette accorgersi molto presto di aver sbagliato i suoi calcoli: schiacciati tra tante ambizioni, i cosacchi scelsero (anche per l’attivismo dei pope che non amavano i protestanti svedesi) la parte per loro più familiare, quella russa.
L’eterogenea armata cosacco-svedese incontrò il suo fatale destino il 18 giugno 1709 a Poltava: in 17.000 attaccarono 45.000 russi e vennero sconfitti.
Carlo e Mazeppa scapparono cercando e trovando protezione niente meno che tra i turchi, avendo temerariamente tagliate altre vie di fuga, dunque Mazeppa fuggì con Carlo nella Moldavia controllata dai turchi, dove morì a Tighina nel 1709.
La figura di Mazeppa come più frequentemente è chiamato, ha conosciuto gli alti e bassi della sorte che al cosacco furono destinati in vita.
Esecrato dagli zar, scomunicato dalla chiesa ortodossa come il male incarnato, un cattivo cosacco, un maledetto. In tempi a noi più vicini, Stalin ne fece l’archetipo dell’ucraino nazionalista e traditore: nonché l’antesignano dei cosacchi che dopo Carlo XII si erano schierati con Hitler.
Mutato il clima, dopo la caduta del muro e la nascita nel 1991 di una Ucraina indipendente, inevitabile che la sua figura venisse in qualche modo riabilitata: ora il suo volto campeggia sulla banconota da 10 hryvnia ucraini.
Fu, in realtà, uno dei più eminenti uomini politici dell’Europa orientale della fine del sec. XVII e del principio del XVIII.
Però la politica di Mazeppa costruita su intrighi e su trattative segrete finì in una catastrofe completa e portò come conseguenza solo un più rapido assorbimento dell’Ucraina nell’impero russo.
Risultati più solidi ebbe la sua azione culturale, che spese grandi somme per la costruzione di nuove chiese a Kiev, a Černigov e in altre città. Al periodo della sua carica di ataman appartiene lo sviluppo del cosiddetto “barocco ucraino”. Fornito di una buona cultura, Mazeppa incoraggiò l’incremento dell’istruzione soprattutto fra gli ufficiali cosacchi.
Notevole è la lettura offerta da Oxana Pachlovska che nel saggio “Nazione vs imperium. Ideologie libertarie nell’Ottocento polacco e ucraino” colloca la figura di Mazeppa nel solco di una tradizione europea, liberale e pre-illuminista:
“Mazeppa, per la prima volta nella storia, elaborò il concetto dell’Ucraina come res publica indipendente (una sorta di monarchia parlamentare sul modello polacco, però!), il cui futuro si poteva progettare solo mantenendo la necessaria equidistanza tra Polonia e Russia. […] Nella sua ottica, la libertà come fonte di virtù civili è alla base di una res publica europea moderna, mentre il terrore resta appannaggio del dispotismo di matrice asiatica. […] Malgrado il drammatico sconquasso del Paese a seguito alla disfatta di Mazeppa nella battaglia di Poltava (1709), il fallimento storico di Mazeppa non fu vano. Egli, in effetti, riuscì a consolidare enormemente la tradizione dell’indipendentismo ucraino, lasciando un’eredità politica che solo il Novecento saprà poi raccogliere.”
BIBLIOGRAFIA:
- John Ure, Cosacchi, Piemme, 1999, Casale Monferrato;
- Tatyana Tairov-Yakovleva, Ivan Mazepa and the russian Empire, McGill-Queen University Press 2020
- Puškin, Aleksandr Sergeevič, Poltava, in Puškin, Poemi e Liriche, Adelphi 2001;
- Pogosian Elena, Mazepa e il suo tempo. Storia, cultura e società, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2004,
- Siedina, Giovanna, Bellica virtus: le celebrazioni di Ivan Mazepa nelle poetiche coeve. Firenze University Press, 2008.
Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.