Akira Kurosawa, Sogni

Un bambino spia le volpi nel bosco; un bambino sgridato dagli spiriti dei peschi sradicati; quattro uomini in una tormenta di neve; un soldato, in un tunnel, incontra i compagni morti; un uomo entra nei quadri di Van Gogh e lo incontra; il Fujiyama erutta e una centrale nucleare esplode; dopo l’olocausto i demoni si divorano fra loro; una ragazza in un villaggio si muove leggiadra con i ritmi della natura.

Otto sogni in un crescendo apocalittico: compiuti ottant’anni, Kurosawa torna al cinema con il supporto di Steven Spielberg alla produzione, di George Lucas agli effetti speciali e di Inoshiro Honda nella “creatività” della fobia nucleare.

Akira Kurosawa

Istruisce un ciclo pedagogico, con la probità di un vecchio saggio che racconta con passo lento e uguale dispensando consigli sul rispetto della Natura, il recupero delle tradizioni e il pericolo della tecnologia, intimando che l’uomo è condannato se votato alla bellicosità e alla manomissione degli elementi.

Sogni (1990), una delle ultime pellicole donataci da Akira Kurosawa pochi anni prima della sua scomparsa, è un’opera particolare, un episodio molto singolare nella vastissima produzione filmica del grande maestro giapponese. Il film, che si allontana sensibilmente dallo stile che ha reso celebre Kurosawa e lo ha consegnato alla storia della settima arte, non fu particolarmente apprezzato dal pubblico e dalla critica all’epoca della sua uscita, forse proprio per il suo non essere in linea con quanto ci si poteva aspettare dal suo lavoro di regista.
Sogni (夢 Yume) è composto da 8 episodi. Ispirandosi alle proprie visioni e sogni notturni, con note del realismo magico, il regista ha ripercorso la sua vita, dall’infanzia fino alla vecchiaia.

Il netto distacco rispetto alle opere del passato è infatti evidente sin dall’idea stessa che risiede dietro alla pellicola, ossia il mettere in scena alcuni dei suoi sogni ricorrenti. Con il suo film, Kurosawa procede al di là di sè stesso e della propria poetica, mostrandoci su schermo la sua intimità nei termini delle sue visioni oniriche, riuscendo allo stesso tempo a produrre un’opera densa di un forte simbolismo e caratterizzata da una grande vena immaginifica.

Con i suoi 8 episodi, Sogni non solo ci rende partecipi dell’immaginario più personale del regista giapponese ma riesce anche a mettere in questione alcuni dei temi fondamentali dell’umanità, soffermandosi soprattutto sul rapporto tra l’uomo e la natura. In tal senso, Sogni è sì un viaggio nel particolare, in una narrazione frammentata e atemporale ma è anche uno sguardo sull’universale.

Quasi volendosi dare un tono profetico, gli episodi ‘Fuji in rosso’ e ‘Il demone che piange’ ci mostrano due scenari apocalittici che vedono il nostro pianeta soccombere a causa della stupidità umana.

Fujiama in rosso

Nel primo, un’eruzione del Monte Fuji raggiunge una centrale nucleare, costruita ottusamente ai suoi piedi e la cui distruzione determina una diffusione incontrollata di sostanze radioattive. Nel secondo, il protagonista percorre una terra desolata e incontra un ‘oni’, uno dèmone del folklore giapponese, ma che si rivela in realtà un uomo mutato in seguito a un terribile disastro nucleare.

Il demone che piange

Kurosawa pertanto sembra voler ammonire l’umanità nei confronti dei pericoli del progresso tecnologico, cercando di far comprendere allo spettatore come la scelta di come sarà il futuro per il nostro pianeta non sia da nessun’altra parte che nelle nostre mani. In altri episodi Akira ci racconta che nei boschi, nei giorni in cui piove ma il sole splende lo stesso, si celebra il matrimonio delle volpi e si tratta di un evento off limit per gli esseri umani. Un bimbo, che rappresenta la curiosità umana insaziabile, invece di nascosto, assiste ad un meraviglioso evento.

Il matrimonio delle volpi

Nel segmento intitolato ‘Il villaggio dei mulini’ il regista ci mostra una sorta di paradisiaco “ritorno alla natura”, rappresentata come la vera meta dell’umanità e teso a sottolineare la possibilità di un avvenire felice.

Non è un rifiuto della tecnologia o della conoscenza, ma dell’eccesso di queste:

Non occorrono gli scienziati per capire che le cose necessarie alla nostra vita sono l’aria e l’acqua pulite che producono per noi gli alberi. Però la gente continua ad avvelenare tutto e a prendere tutto allegramente. L’aria e l’acqua inquinate stanno uccidendo ogni cosa che rende la nostra vita degna di essere vissuta”.

L’episodio si chiude con il funerale di una donna di 99 anni. La vita sana e tranquilla, consente di vivere a lungo nel villaggio dei mulini e quando si muore non si può che essere felici di aver vissuto bene. Così, la morte che lungo il film aveva assunto sempre colori lugubri e infernali, diventa un momento di festa, perché gli abitanti del villaggio interpretano il funerale come una cerimonia di congratulazioni verso il defunto per la qualità della vita che ha condotto.

L’episodio con il magnifico funerale

Il film cominciava con ‘Sole attraverso la pioggia’: una madre avverte il figlio di cinque anni di non recarsi nei boschi perché nei giorni in cui piove ma il sole splende lo stesso si celebra il matrimonio delle volpi e si tratta di un evento tabù per gli esseri umani. Il piccolo invece si intrufola nei boschi di cedro e, di nascosto, assiste ad una meravigliosa parata in costumi sgargianti: è lo spettacolo della natura che si perpetua lontano dagli uomini. Tornato a casa la madre, adirata, lo informa che le volpi lo hanno scoperto e ne hanno chiesto la vita lasciando un pugnale rituale. A questo punto lo invia a chiedere scusa alle volpi e di convincerle a lasciarlo vivere.

Mamma, dov’è la casa delle volpi?”. “È facile. Perché in giornate come queste c’è sempre l’arcobaleno. E la casa delle volpi è ai piedi dell’arcobaleno”.

L’episodio termina davanti ad una natura rigogliosa e il cielo rischiarato da un arcobaleno sotto al quale il piccolo si avvia a pacificarsi con le volpi.

Il matrimonio delle volpi

Sempre un bambino è protagonista del secondo episodio, ‘Il pescheto’. In Giappone il terzo giorno del terzo mese dell’anno (per noi il 3 marzo) si celebra “hina matsuri”, la festa delle bambole, una tradizione molto sentita, e che il regista riporta al suo significato originario di festa della primavera. Inseguendo una sua misteriosa coetanea, il piccolo protagonista si trova in un campo deserto ai piedi di una enorme gradinata popolata dagli spiriti degli alberi dei peschi, arrabbiati perché i peschi sono stati tutti abbattuti. Disperato, il bimbo riesce a dimostrare la sua innocenza e clementi, gli spiriti gli consentono di assistere ancora una volta al miracolo di un pescheto in fiore. Al loro posto appaiono degli stupendi alberi e il campo è tutta una infiorescenza maestosa. Ma tutto è destinato a svanire e a lasciare ancora una volta il bambino da solo in questo campo dove sopravvivono solo tronchi monchi e spogli, salvo un ultimo pesco ancora in fiore.

Il pescheto

Il terzo episodio, ‘La tormenta’, si svolge nel cuore di una tempesta di neve, dove quattro alpinisti persisi cadono uno ad uno spossati. All’ultimo appare, bellissima, una donna che cerca con i suoi veli di farli addormentare definitivamente. Si tratta di una yuki-onna, letteralmente “donna delle nevi”, che, come le sirene della tradizione classica, seduce gli incauti viandanti della montagna fino a farli smarrire per sempre fra le nevi. L’uomo riesce a reagire alla yuki-onna, scacciandola e poi andando a risvegliare i suoi compagni. Lo spirito fugge via e velocemente la tempesta lascia filtrare nuovamente il sole, grazie al quale i nostri riescono finalmente a raggiungere il campo base e salvarsi.

La tormenta

Il quarto episodio, ‘Il tunnel’, è una vera e propria galleria di morte che ci conduce nella seconda e più drammatica parte del film. Sono rappresentati gli orrori della guerra e i sensi di colpa del capitano di un plotone i cui fantasmi del suo plotone al completo gli si parano davanti, in attesa di un ultimo ordine che li seppellisca per sempre nel ventre della terra. Nonostante questa specie di zombie accettino di tornare nell’oscurità del tunnel, lasceranno dietro di sé un cane ringhioso a guardia del sonno dei morti, ma sarà anche il demone della colpa che inseguirà per sempre il capitano.

Il tunnel

Sotto la luce rossa di fiamme ed esplosioni che superano in altezza lo stesso monte Fuji (Fujiama in rosso), una folla sterminata fugge terrorizzata. Non sono più i demoni dispettosi o i fantasmi del passato a fare paura, ma la minaccia concreta e presente di una centrale nucleare che sta saltando in aria.

Ritiratisi in riva al mare un uomo, una donna con due e figli e un funzionario della centrale stessa sono davanti all’inutile bivio se gettarsi in mare o attendere l’arrivo delle radiazioni, sapendo che in ogni caso sarà morte certa.

Fujiama in rosso

L’episodio successivo, ‘Il demone che piange’, ci conduce nel mondo del fantastico. È l’incontro fra un viandante e un demone. Il demone che incontriamo è un mutante – se ne vedranno numerosi altri nell’episodio, organizzati in caste per accedere al cibo.

Come un Virgilio corrotto dalla sua stessa condanna che ci conduce per questi Campi Flegrei della radioattività, dove la natura cresce distorta e malata di gigantismo, informandoci che ovunque nel mondo “uccelli, animali e pesci si sono estinti: tutto il mondo è contaminato”.

Il demone che piange

Dalla fiaba del “Sole attraverso la pioggia”, al Teatro No del patetico “Il Pescheto”, dall’efficace allegoria della “La tormenta” (chi combatte per la vita sconfigge la morte), all’inquietante silenzio dei morti dell’apologo antimilitarista “Il tunnel”, dal magnifico quadro vivente “I corvi”, al pamphlet contro il nucleare del “Fujiyama in rosso”, dall’orrore post-apocalittico de “Il demone che piange”, all’utopico idillio naturalista del “Villaggio dei mulini”, le visioni da sogno si alternano agli incubi e alle loro didascalie, sorta di esortazione esorcizzante dell’autore (“La vita è bella, bisogna saperla vivere e si campa fino a 103 anni”).

Nel suo insieme, Sogni vuole essere anche un omaggio all’arte in sè.

Nell’episodio ‘Corvi’, il protagonista incontra Vincent Van Gogh (interpretato da Martin Scorsese) all’interno dei suoi quadri, interagendo direttamente con le loro immaginarie realtà. Dopo averne perso le tracce, continua a cercarlo spostandosi tra i suoi lavori, sino a quando un colpo di pistola nel Campo di grano con volo di corvi e l’arrivo improvviso di un treno lo riportano al mondo reale.

Vincent Van Gogh interpretato da Martin Scorsese

Van Gogh – ricorda lo storico dell’arte Ernest H. Gombrich – amava dipingere oggetti e scene capaci di offrire ampia possibilità ai nuovi mezzi, motivi dei quali potesse disegnare oltre che colorare con il pennello, e stendere il colore a strati spessi come uno scrittore sottolinea le parole. Per questo fu il primo a scoprire la bellezza delle stoppie, delle siepi e dei campi di grano, dei rami nodosi degli ulivi e delle sagome scure e guizzante dei cipressi”.

Kurosawa omaggia tutto ciò riprendendo ogni dettaglio delle pennellate del pittore. Facendo perdere il suo viaggiatore fra i campi di grano, attaccato dai corvi, finché l’immagine e il suono di una locomotiva a vapore non lo salvano riconducendolo fra le pareti del museo dove sono ospitate le tele di Van Gogh.

Corvi

Il breve episodio, dai toni fortemente surreali, è accompagnato dal Preludio op. 28 n. 15 di Chopin e da effetti speciali curati da George Lucas, istituendosi a conti fatti come una vera e propria celebrazione dell’arte come atto creativo in sé: l’arte come apertura verso nuovi orizzonti e nuove possibilità interpretative.

L’ultima immagine di Sogni, sulla quale scorrono tutti i titoli di coda, è proprio quella di un torrente. La filosofia di Eraclito insegna che

“panta rei”, tutto scorre,

purché nella direzione giusta.

Akira Kurosawa sul set

BIBILOGRAFIA:

  • Aldo Tassone, Akira Kurosawa, Milano, Il Castoro Cinema, 1994;
  • Akira Kurosawa, L’ultimo samurai. Quasi un’autobiografia, Baldini&Castoldi, 1995;
  • Peter Cowie, Akira Kurosawa: Master of Cinema, Rizzoli International Publication, New York 2010.

Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.

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